Non esistono soluzioni ideali

Molte società in questi giorni si stanno attivando per chiedere la ripresa delle attività o, addirittura, la ripresa del campionato entro marzo. L’obiettivo della prima richiesta è far tornare in palestra tutti i praticanti, partendo dal presupposto che lo sport in quanto tale sia una priorità assoluta. In questa situazione non esistono soluzioni ideali, ogni presa di posizione ha conseguenze sia positive che negative. Occorre fare una scelta che, tenendo conto della complessità dello scenario e delle conseguenze possibili, risulti essere la più auspicabile. Lo sport è indubbiamente una priorità nella nostra società, ma ciò non è sufficiente per richiedere a priori la sua apertura.

Se si riparte, serve la certezza che non ci si fermi di nuovo

La ripresa dell’attività fisica da parte delle società dilettantistiche e dunque di migliaia di persone implica necessariamente un impegno economico, burocratico e sanitario elevato da parte di Federazioni Sportive, Enti di Promozione e Società Dilettantistiche, al fine di garantire un servizio di qualità in sicurezza. Non possiamo ignorare l’altissimo rischio di diffusione del contagio che la riapertura comporterebbe. Dobbiamo considerare la realistica impossibilità di garantire sempre, in ogni circostanza, tutte le misure di protezione necessarie a evitare ogni singolo contatto. Questo è uno dei problemi legato alla riapertura, ma non è l’unico. Se, infatti, in concomitanza con la riapertura delle palestre, dovesse esserci un significativo aumento dei contagi, anche per motivazioni esterne ad essa, quanto tempo ulteriore passerà prima che si possa nuovamente tornare in palestra? Quanto influirebbe ciò sulla percezione della pratica sportiva e dei rischi connessi a essa? Se, per qualsiasi motivo, dovesse peggiorare la situazione e fosse necessario chiudere le palestre, gli sforzi fatti per aprire sarebbero vani. Abbiamo già dovuto subire questa situazione a ottobre. Dobbiamo essere certi che, nel momento in cui si riparte, non ci si fermi ulteriormente, e non per qualche mese, ma per molti, perché dal punto di vista economico e burocratico poche realtà sportive dilettantistiche potrebbero permettersi un altro start-and-stop.

Ripartire ora non è la scelta più auspicabile

Per quanto sia straziante rimanere fermi e non poter giocare, una ripresa dell’attività in presenza non sembra attualmente la migliore soluzione. Il rischio di un ritorno di un’ondata e un prolungamento ulteriore di questa situazione sono assai elevati. Inoltre, dobbiamo considerare il fatto che il ritorno all’attività sportiva implicherebbe la percezione di essere in una situazione di rischio. Questa forma di attività non sarebbe identica a quella cui siamo abituati e non sarebbe corrispondente alle aspettative e alla voglia di praticare sport di contatto che coltiviamo da Ottobre. Bisogna tenere conto anche della disillusione che ciò provocherebbe sul piano psicologico: non è scontato che questa disillusione possa allontanare dalla pratica sportiva tante persone. Crediamo che, tenendo conto del contesto sociale e sportivo nella sua globalità, la cosa più intelligente per il movimento della pallacanestro e il mondo dello sport sia aspettare.

La priorità non è ripartire oggi a rallentatore, ma domani al massimo

Non possiamo impiegare le risorse mentali, fisiche ed economiche per ripartire ora a rallentatore, con la paura e il rischio permanente, ma dobbiamo impiegarle da ora per pensare alla ripartenza di domani. Perché quando il virus non sarà più una minaccia e potremo tornare a vivere lo sport nella sua totalità e normalità, sarà necessario ripartire al massimo. Dobbiamo richiedere a gran voce ampi finanziamenti per ridare alle persone ciò che han perso: la possibilità di giocare, di divertirsi, di star bene, di sentirsi parte di una comunità, di sentirsi meglio. Nell’attuale situazione ripartire oggi è difficile, ma ripartire bene domani è una priorità. Dobbiamo dunque pensare al futuro dello sport, pensare a come rendere più accessibile lo sport di domani, non meno invivibile quello di oggi.

Post-pandemia: una società con lo sport al centro

Vogliamo una società che riparta con lo sport al centro, perché lo sport dovrà essere una priorità nella condotta di vita post-pandemia delle persone. Vogliamo che lo sport di domani sia presente, accessibile, sostenibile e in grado di trasmettere una cultura del benessere, capace di costruire valori e di far vivere la comunità sentendosi parte di essa e integrandosi tramite l’attività sportiva. Ciò vuol dire lavorare a livello governativo affinché durante la ripartenza si diffonda una cultura sportiva basata sull’educazione alla salute e al benessere psicofisico, che faccia concepire lo sport al centro della vita di ciascuno e inviti i bambini a crescere facendo sport, perché l’attività motoria riveste un’importanza pari a quella cognitiva. Chi ha le competenze e la possibilità materiale per farlo, dovrebbe pensare a come allargare il bacino di utenza del movimento sportivo, dando finalmente la possibilità a tutti di fare sport. Ciò nella pratica vuol dire garantire finanziamenti statali alle associazioni e alle federazioni, tariffe agevolate per l’affitto delle palestre, in modo che le singole associazioni possano abbassare il prezzo di iscrizione annuale e dunque più persone possano permettersi di fare sport. Vuol dire garantire agevolazioni fiscali e tutele lavorative per coloro che svolgono attività sportiva.

Lo sport e i suoi valori al centro del progetto politico futuro

Lo sport è un mezzo per diffondere una cultura basata sul rispetto, sull’importanza della collaborazione e dell’autonomia. Lo sport di squadra insegna il valore dell’accettazione e dell’integrazione, fa comprendere l’importanza del benessere fisico e le meravigliose conseguenze dello stare bene col proprio corpo. Poiché siamo stati e saremo privati dello sport per così tanto, è il momento di capirlo e di metterlo al centro del progetto politico e formativo del futuro.

ASD Ciesse Free Basket Milano